Skip to main content

Introduzione: la tentazione del frutto proibito

Da quando l’essere umano ha imparato a tracciare confini tra il “lecito” e l’“illecito”, qualcosa di strano è sempre accaduto: il divieto, invece di spegnere il desiderio, lo accende. Come un cartello “non calpestare l’erba” in un prato perfetto, il proibizionismo ha il potere misterioso di trasformare un’azione ordinaria in un gesto di ribellione.

Molti pensano che il proibizionismo funzioni perché “fa paura” e riduce l’accesso. Ma se guardiamo la storia e i dati, scopriamo il contrario: ovunque il proibizionismo è stato applicato in modo duro, il consumo e il mercato nero sono cresciuti. Non si tratta solo di psicologia individuale (“faccio ciò che è vietato”), ma di un sistema che, in vari modi, trae vantaggio dal mantenere la fiamma accesa.

1. Una lezione dalla storia: il proibizionismo dell’alcol negli Stati Uniti

Nel 1920 gli Stati Uniti approvarono il Volstead Act, dando inizio al proibizionismo dell’alcol. L’idea era semplice: eliminare la vendita legale, distruggere il vizio e salvare la moralità.
Il risultato? Un disastro prevedibile:

  • Il consumo di alcol calò solo nei primissimi anni, per poi risalire.
  • Nacquero le “speakeasy”, bar clandestini dove si beveva senza controllo né limiti.
  • La criminalità organizzata fiorì come mai prima, con figure leggendarie (e sanguinarie) come Al Capone.
  • Lo Stato perse miliardi in tasse che avrebbero potuto finanziare servizi pubblici.

Quella lezione non è mai stata davvero imparata.

2. I dati globali: proibire aumenta l’uso (e i danni)

Il proibizionismo moderno – che riguarda cannabis, cocaina, oppiacei e altre sostanze – mostra lo stesso schema.

Esempi Comparativi

Paese / Politica Approccio Risultato sul consumo
Portogallo (dal 2001) Depenalizzazione di tutte le droghe + supporto sanitario Riduzione overdose e HIV, consumo stabile o in calo
Filippine (dal 2016) Guerra alla droga durissima Nessun calo significativo nel consumo, aumento della violenza
USA (cannabis illegale per decenni) Proibizionismo federale Consumo in aumento costante dagli anni ‘70
Olanda (tolleranza cannabis) Regolamentazione parziale Consumo simile o inferiore alla media UE

Perché succede?

  1. Mercato nero – Quando un prodotto è vietato, il suo commercio finisce in mano a reti criminali che non rispettano regole né limiti di età.
  2. Effetto ribellione – Il divieto trasforma il consumo in atto identitario o di protesta, soprattutto tra i giovani.
  3. Mancanza di educazione – Il proibizionismo sostituisce la prevenzione con la repressione: meno informazione, più rischi.
  4. Prodotti più pericolosi – Senza controlli, le sostanze diventano più concentrate e tagliate con sostanze tossiche.

3. Ma allora perché i governi insistono?

Qui entriamo nel cuore della questione. Se i dati mostrano che il proibizionismo fallisce, perché continua a esistere? Perché conviene. Non a te, non alla salute pubblica, ma a precise strutture di potere.

Interessi politici ed economici

Attore Come ci guadagna
Politici Possono usare la “lotta alla droga” come cavallo di battaglia elettorale, vendendo sicurezza e fermezza.
Forze dell’ordine Ricevono fondi e risorse aggiuntive per la “guerra alla droga”.
Industria carceraria privata Più arresti = più detenuti = più profitti.
Settore farmaceutico Ostacolando cannabis e psichedelici terapeutici, mantengono il monopolio su farmaci brevettati.
Media Le narrazioni sensazionalistiche attirano audience e inserzionisti.

In altre parole: il proibizionismo non è solo una strategia sbagliata, è un modello di business.

4. Il lato invisibile: la produzione di consenso

Il proibizionismo serve anche a creare un “nemico interno” da mostrare alla popolazione. Ogni governo che vuole distrarre da problemi più gravi – corruzione, disoccupazione, crisi economiche – può puntare il dito contro “lo spacciatore” o “il tossico” e proporre leggi più dure.

È un teatro ben collaudato:

  • Si ingigantisce la percezione di pericolo.
  • Si giustifica l’aumento del controllo statale.
  • Si mantiene una parte della popolazione in una condizione di marginalità e stigma, utile per non avere un fronte sociale unito.

5. E se provassimo un’altra strada?

I modelli di riduzione del danno e di regolamentazione legale hanno mostrato risultati concreti:

  • Portogallo: calo delle morti per overdose del 80% dopo la depenalizzazione.
  • Svizzera: programmi di eroina controllata hanno ridotto drasticamente crimini e infezioni.
  • Canada: legalizzazione della cannabis con calo dell’uso tra i minorenni e introiti fiscali miliardari.

Conclusione: il coraggio di guardare oltre il divieto

Il proibizionismo si regge su un mito: che vietare significhi proteggere. Ma la realtà è che vietare senza educare significa abbandonare.
Se vogliamo davvero ridurre i danni e i consumi problematici, dobbiamo regolare, informare e curare.

Perché alla fine, come ci ricorda Burroughs, il vero mercante di “merce” non è lo spacciatore d’angolo, ma il sistema stesso, che plasma le persone intorno alla sostanza – che sia polvere bianca, bottiglia o pillola – per mantenere il suo potere intatto.

Glossario rapido

  • Proibizionismo: politica che vieta produzione, vendita e consumo di una sostanza.
  • Riduzione del danno: strategie per ridurre i rischi legati all’uso di droghe senza necessariamente vietarle.
  • Depenalizzazione: rimozione delle pene detentive per il possesso e uso personale.
  • Regolamentazione: legalizzazione controllata, con regole su produzione, vendita e consumo.